Countdown

-10 giorni. 
-10 giorni e si parte per l'America. 
Ferie. 
Che cosa può capitare in 10 giorni? 
A me per esempio febbre, otite, mal di gola e tanto altro ancora. Allegria! 
Non mi ero ancora mai presa dei giorni di malattia dal lavoro e mi è sembrato come di rubare qualcosa di prezioso. Ho letto vari articoli che trattano della nuova generazione e dell'ansia/senso di colpa che prova ad andare in ferie e/o prendersi giorni di malattia. Io beh, rientro esattamente in questo contesto. 
Vabbè proviamo a pensare positivo. Pensiamo già alla sensazione di essere in aeroporto, di vedere sul tabellone il numero del proprio aereo, di passare il corridoio sospeso che collega la zona check-in all'aereo. 
Pensiamo a questo.
Magari poi il volo non sarà il migliore della nostra vita, capita. Eppure sedersi, allacciare le cinture, curiosare sui vicini di posto e guardare fuori dal finestrino (se si è nelle file laterali ovviamente) porta con sé un sapore di frizzante. Spensieratezza. Felicità. Gratitudine anche. 
Io poi, tra le altre cose, sono una che non si rende conto che sta succedendo davvero finché non si ritrova chiusa dentro a quel contenitore che si solleva come fosse la cosa più facile del mondo e ti teletrasporta dall'altra parte del mondo. 
-10 giorni. Sono a letto con la febbre ma inizia a sembrare tutto reale. 

Ansie

Come spiegare a una persona normale cosa sia un attacco d'ansia, anche se pur piccolo, che ti prende nel bel mezzo di una qualsiasi faccenda domestica e/o durante il lavoro. 
Questo è quello che mi chiedo ogni volta che cerco di spiegare al mio compagno cosa accade dentro di me. 
Il sudore prima caldo e poi gelato, un peso sul petto, le dita dei piedi che si muovono in maniera frenetica. 
E per che cosa? Perché ho sentito dire il mio nome dalle colleghe mentre spifferano? Perché non ricordo come vanno ordinate determinate cose in determinati spazi? 
Perché non sono sicura di dover tagliare un cetriolo a rondelle invece che a listarelle? 
Esempi idioti, al limite del banale. 
Per gli altri. 
Sono una che sguazza nell'ansia da quando è nata, sono anche stanca di ciò non pensate. Eppure non riesco ad uscirne. È come ritrovarmi di notte in mezzo ad un lago scuro con una profondità non definita. Ossia il mix di tutte le mie più grandi paure. 
So nuotare, so stare a galla ma decido (o forse la mia mente decide) di non farlo.

Scoperte

Quando ho iniziato a lavorare come insegnante di musica per bambini (ormai circa 8 anni fa accipicchia) non avrei mai pensato che sarei passata all'insegnamento presso scuole infantili e asili nido. Mi si è aperto un mondo davanti nel momento stesso in cui ho deciso di stravolgere la mia vita trasferendomi in un paese nuovo con una lingua nuova (avevo già le basi eh ma è comunque uno shock culturale). Quando ti ritrovi in una situazione completamente fuori dalla comfort zone è proprio lì che scatta qualcosa dentro di te, come un istinto di sopravvivenza. Sapevo di essere brava in due cose: con i bambini e con  la pazienza. Ho dovuto fare un po' di gavetta, ma alla fine ho raggiunto qualcosa che non avrei mai pensato di meritare. Un asilo nido. Un luogo fatto su misura per me. Ogni giorno imparo cose nuove da questi piccoli pulcini ed è questa la parte migliore; quella della scoperta. I bambini non smettono mai di stupirsi mentre noi adulti ci siamo dimenticati il gusto di un grande e spontaneo "WOW". Da quando lavoro con loro mi sento più connessa anche al mio bambino interiore. Cresco con loro e loro con me.

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Gattonare e chiacchierare

Da anni ormai la fase del gattonamento è la mia preferita. Ogni bambino scopre quanta forza possiede e quanto veloce può spostarsi e io rimango sempre più affascinata dalla magia della crescita. Ma parliamo nello specifico di A.A. ha e otto mesi e ha iniziato solo da un paio di settimane a gattonare ma sopratutto a tirarsi già su in piedi (ovviamente aggrappandosi a dei sostegni). A. è un bimbo fortissimo che ogni volta che vede qualcuno avvicinarsi, ingrana la quinta e parte a più non posso per venirti a salutare. Spinge sulle ginocchia come un forsennato e dopo qualche secondo riesce ad aggrapparsi al tessuto dei pantaloni dell'adulto e a tirarsi su. A. inoltre sembra molto soddisfatto di se stesso ogni volta che si sposta di qualche metro; si gira, cerca il contatto visuale con chiunque sia intorno e alla fine sgancia un sorrisone a 4 dentini tutto orgoglioso. Noi adulti dobbiamo lasciarli muovere nello spazio senza forzarli a tirarsi su in piedi, anche perché così corriamo il rischio di farli pesare su delle ginocchia che ancora non sono del tutto formate. Ogni cosa a suo tempo, anche se A. sembra ormai pronto per spiccare il volo.

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